Promo “Nebbia e ombre”
Paul Willems e Julián Ríos
€ 30.40
5% Off
LA CATTEDRALE DI NEBBIA
Traduzione: Giuseppe Girimonti Greco e Federico Musardo
Pagine: 112
Isbn versione cartacea: 9788832107371
CORTEO DI OMBRE
Traduzione: Bruno Arpaia
Pagine: 128
Isbn versione cartacea: 9788832107395
LA CATTEDRALE DI NEBBIA
LA PRIMA EDIZIONE ITALIANA DEI RACCONTI DI UNO DEI PIÙ GRANDI EREDI DELLA LETTERATURA FIAMMINGA, VINCITORE DEL PRIX QUINQUENNAL DE LITTÉRATURE.
Pubblicate per la prima volta in francese nel 1983, le pagine de La cattedrale di nebbia distillano narrazioni eteree ambientate in un’Europa ancestrale, dove foreste diafane custodiscono architetture impalpabili che si dissolvono al sole per riassumere forma al crepuscolo – in una narrazione evanescente che propaga un fascino rarefatto e inesauribile.
La raccolta include due saggi di tradizione proustiana, Leggere e Scrivere, che attraversano i mille perché della lettura e della scrittura offrendo un sentiero di esplorazione privilegiato per chiunque voglia inoltrarsi nella foresta di Houthulst e seguire le tracce sfuggenti che conducono alla leggendaria cattedrale di nebbia.
CORTEO DI OMBRE
Nella sua prima traduzione italiana firmata da Bruno Arpaia, l’“esordio” rimasto a lungo inedito del celebre scrittore spagnolo.
Alla fine degli anni Sessanta, Julián Ríos iniziò a lavorare a quello che sarebbe stato il suo primo romanzo, ma temendo che non avrebbe superato la severa censura spagnola sotto la dittatura di Franco, decise di non presentarlo a nessun editore. Presto distratto da quello che sarebbe stato il suo progetto più grandioso, il manoscritto fu messo da parte e dimenticato, finché l’autore non l’ha ritrovato quasi cinquant’anni dopo, intatto nella sua forza. Corteo di ombre è una ballata intrisa di storie indimenticabili il cui epicentro è una suggestiva evocazione della Galizia, tra le mura immaginarie di Tamoga: una città di confine, custode di gelosie e rancori, luogo di rappresaglie e vendette tramandate di generazione in generazione, teatro delle infinite varianti dell’odio e dell’amore.
Paul Willems (Edegem, 4 aprile 1912 – Zoersel, 29 novembre 1997) è stato un romanziere e drammaturgo belga, tra gli ultimi grandi scrittori fiamminghi francofoni. Eletto all’Académie royale de langue et de littérature françaises de Belgique nel 1975, è considerato una delle voci più raffinate ed elusive della sua generazione.
Julián Ríos (Vigo, Spagna, 1941) è considerato tra i più influenti scrittori spagnoli contemporanei. Dopo aver scritto due libri con Octavio Paz, Ríos ha pubblicato numerose opere di narrativa e saggistica acclamate dalla critica. Corteo di ombre, scritto in epoca franchista e rimasto in un cassetto per lungo tempo, è stato pubblicato per la prima volta nel 2008.
LA CATTEDRALE DI NEBBIA
«La cattedrale di nebbia è una raccolta di racconti dal tono singolare e ammaliante, in bilico tra Maeterlinck e Tolkien, quasi tutti narrati da una voce sempre in bilico tra l’ironia e la disillusione, che “esorcizza lo spettacolo della violenza dispiegando le risorse più radiose del linguaggio”».
Éditions Fata Morgana
«Permanenza nel movimento, eternità nella transitorietà, presenza nell’assenza, essenza nel nulla: prendendo a modello un paesaggio che mantiene gli opposti in squisita sospensione, Willems ha distillato un’estetica potente, riuscendo a creare immagini la cui forza risiede nella continuità, piuttosto che nell’impossibilità, della loro comunione».
Edward Gauvin
«I racconti inclusi ne La cattedrale di nebbia sono magnifici e hanno un profondo potere evocativo; ciascuna storia prende svolte insolite con una naturale disinvoltura che separa Willems dagli scrittori che abbracciano il singolare con molta più caparbietà».
The Complete Review
«In questa raccolta di storie surreali squisitamente composte, Paul Willems ci offre una moltitudine di paesaggi onirici delicati come i sottilissimi fili di una ragnatela e allo stesso tempo chiari e manifesti come una montagna».
Speculative Fiction
CORTEO DI OMBRE
«Era giunto il momento che il pubblico italiano conoscesse uno scrittore come Julián Ríos, che con questo “romanzo di racconti”, dalla scrittura nitida e inquietante, ci fa immergere nell’atmosfera di un paese come tanti, ma pieno di minacciose ombre del passato».
Bruno Arpaia
«Attraverso la figura cristologica di Castillo, Ríos compone una testimonianza straordinaria della barbarie franchista degli anni Trenta».
Robinson, La Repubblica
«Pochi tratti sono sufficienti a rendere questi personaggi memorabili… da vicende individuali, le storie di Julián Ríos diventano destini universali».
Il manifesto
«Le opere di Julián Ríos sono molto importanti… un’assimilazione della tradizione più radicale».
Octavio Paz
«Julián Ríos è tra gli scrittori più inventivi e fantasiosi della lingua spagnola».
Carlos Fuentes
«Proveniente dalla tradizione letteraria che ha creato il Finnegans Wake e i romanzi di Arno Schmidt, Vladimir Nabokov e Italo Calvino, Ríos ha creato un’isola radicalmente personale nell’universo della letteratura».
L.A. Times
LA CATTEDRALE DI NEBBIA
«Qui e là, verso l’alto, da ogni parte, i rami degli alberi che cingevano la radura attraversavano le mura e la volta di nebbia. Sembravano tenere l’intera chiesa sospesa tra cielo e terra. Questa impressione era rafforzata dalla presenza dell’edera che, non potendo aderire alle pareti, ricopriva il suolo di uno spesso tappeto il cui colore verde era esaltato da una luce diffusa di un grigio finissimo. Nonostante la protezione degli alberi, nei giorni di grande tempesta la chiesa si disperdeva. Si riformava soltanto al crepuscolo, con il calare del vento. Era allora che si pregava meglio, come se un arcangelo avesse spazzato via la tempesta con le sue ali immense, volando quel giorno sopra la foresta e poi, scesa la sera, si fosse posato sulla quercia millenaria vicino alla cattedrale. Mio padre diceva che in quella chiesa la preghiera era particolarmente ardente perché non veniva formulata a parole».
CORTEO DI OMBRE
«Lui, Mortes, arrivò a Tamoga agli inizi dell’autunno, in un giorno triste e piovoso. E malgrado sia rimasto poche ore tra noi, è ricordato con fervore, soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti, e sono in tanti quelli che affermano di averlo visto, di aver scambiato qualche parola con lui. Aveva il dono di trasfigurarsi perché ognuno di noi lo ricorda in maniera diversa ed è possibile che abbiamo tutti ragione: allegro, timido, triste, burlone, insolente, rispettoso, cinico, burbero, cortese, fu tutto questo e ogni altra cosa diciamo di lui. Alla fine ci rimangono la fascinazione e l’impossibilità di riferire questa storia perché le parole in questo caso sono più reali dei fatti e una storia merita di essere raccontata soltanto quando le parole non possono esaurirne il senso.
Ci rimane anche la libertà di immaginare e di attribuire molteplici, contraddittori, oscuri disegni a quel forestiero piuttosto basso, piuttosto magro, piuttosto goffo che scelse Tamoga come scenario della sua rappresentazione. Adesso quell’uomo, Mortes, è soltanto parole e una vaga immagine che comincia a confondersi nella memoria: un volto ampio e terroso, dai lineamenti indistinti, molliccio, come impastato con il fango; due occhi arrossati e una bocca-cicatrice, una voce monotona e nasale che a volte si spezzava in un gorgoglio profondo di acqua in un tubo; un uomo qualunque, vestito – senza eleganza e senza eccessiva trascuratezza – con un abito marrone sgualcito e un trench troppo grande per la sua taglia. Così si presenta lui, Mortes, nei ricordi e così dovette vederlo fin dal primo momento don Elío, il capostazione».